Tra le varie occasioni di ripensare l'opera di Liszt, suggerite dal bicentenario della nascita che si avvia alla conclusione, ci sembra interessante cogliere quella offerta dalla Brilliant Classic, che ha pubblicato quest'anno ben due incisioni complete dei dodici Studi trascendentali. Messo in chiaro subito che la qualità dei due interpreti è eccellente e che la musica del compositore ungherese evidentemente è davvero congeniale alle corde di entrambi, le due incisioni sono piuttosto diverse e, a nostro avviso, complementari; motivo per cui, chi decidesse di acquistare entrambi i cd non sprecherebbe affatto il proprio denaro.
Michele Campanella ha legato il suo nome a quello di Liszt sin dagli esordi pianistici, affermandosi come il più accreditato specialista italiano di questo repertorio; in più occasioni ha raccontato quanto senta profondamente vicina la personalità e la musica di questo compositore, alla memoria del quale, a suo dire, ancora non è stata resa piena giustizia. E in quest'anno lisztiano abbiamo visto Campanella attivissimo protagonista di varie ini- ziative, come pianista e come organizzatore (ricordiamo, ad esempio, le maratone all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che hanno permesso di ascoltare l'opera omnia pianistica la cui sterminata lunghezza è valsa 7 giornate di musica e l'impegno di decine di pianisti di tutte le età), addirittura come scrittore: Il mio Liszt. Considerazioni di un interprete, recensito su queste pagine nel maggio scorso è una piacevolissima summa di decenni di studio, condotto non solo alla tastiera e comunicato con passione.
Mariangela Vacatello è una giovane ma già affermata pianista, che sta percorrendo con slancio una vivace carriera e che ha fatto di Liszt il suo cavallo di battaglia grazie alla straordinaria, innata facilità virtuosistica e alla fascinazione istintivamente avvertita per questo personaggio sospeso tra cielo e terra, angelico e diabolico al tempo stesso.
Prima di passare a considerazioni più puntuali sulle due incisioni, è importante ricordare che cosa hanno costituito questi studi lisztiani nella storia del repertorio pianistico. Editi in versione definitiva nel 1851, un primo nucleo era già abbozzato nel 1826: sono quindi il risultato di un quarto di secolo di riflessione e di lavoro che coincidono con gli anni in cui il pianoforte viene sempre meglio perfezionato, dimenticando ormai nettamente le origini settecentesche e le parentele più o meno lontane con cembali e fortepiani e trasformandosi in quello strumento sontuoso che d'ora in poi farà la parte del leone nelle sale da concerto. Già tra il 1821 e il 1822 Erard aveva brevettato il suo doppio scappamento, che permetteva un ribattuto più veloce e via via cambieranno anche le dimensioni e i materiali con cui è fatto lo strumento, sempre più potente in termini di sonorità, sempre più sensibile in termini di tocco. Liszt si trova davanti a questo mondo in fieri e ne percorre con entusiasmo tutte le potenzialità, arrivando come nessun altro ai limiti estremi. La sfida di questi studi non è quindi, per Liszt, soltanto quella dell'arrivare fin dove il virtuoso può arrivare, in un'ottica egocentrica e auto celebrativa, ma quella dell'ottenere il massimo da uno strumento che si affaccia ormai su orizzonti sonori nuovi e moderni.
La nuova tecnica, la tecnica trascendentale, è un viaggio di scoperta e di conoscenza, compiuto con l'entusiasmo della novità e con l'attenzione trepidante e vigile dell'inventore per la sua creatura.
Tornando ai nostri interpreti, non vorremmo cadere in biechi luoghi comuni nel descrivere le loro peculiarità ma in fondo in questo caso servircene un po' ci aiuta. Parlavamo all'inizio di complementarietà tra le due incisioni: il fatto che un interprete sia uomo e l'altra donna (e Vacatello è la prima italiana ad incidere gli Studi), che il primo sia nel pieno della sua maturità - anche se ricordiamo che questa registrazione risale al 1988, quindi a parecchi anni fa - e l'altra sia più giovane, forse possono darci, così a spanne, la chiave delle differenze. Il Liszt di Campanella è un Liszt che ha cuore, certo, ma che passa per la men- te dell'ascoltatore; è un Liszt lucido, analitico, che vuole scrollarsi di dosso quella patina di volgarità di cui spesso lo si è accusato, soprattutto nelle composizioni virtuosi- stiche come queste, e che rivendica in questi brani uno status di ricerca, di esplorazione ai confini delle possibilità dello strumento, che sono un viaggio di conoscenza più che una mera esibizione funambolica. Il Liszt di Vacatello è più morbido, più sognante; è un Liszt impetuoso, pieno di sorprese e di colpi di scena, che privilegia il sentimento e l'espressività e che utilizza una tecnica salda e una padronanza totale della tastiera per potersi abbandonare ad una sonorità più romantica, alla suggestione di immagini e storie che si affacciano appena oltre il pentagramma. Ecco quindi che queste differenze si intuiscono sin dal Preludio, più chiaro e sgranato, intellettuale e aristocratico quello di Campanella; teatrale e appassionato quello di Vacatello. E ancora, se il Mazzeppa di Campanella è estremamente assertivo nell'enunciazione del tema e nelle graniture e rivela a tratti una inquietante parentela con un goethiano Mefistofele, quello di Vacatello, pur brillante e sicuro, si rivela però più morbido e avvolgente, pare davvero di vederlo lanciato nella sua celebre cavalcata, legato al dorso del cavallo. E ancora il successivo Feux follets nella lettura di Campanella è un gioco perverso di ingranaggi in fondo pieno di ironia, a cui non manca un brivido diabolico mentre quello di Vacatello è più notturno e romantico, pieno di trovate e non scevro di tenerezza a tratti. Potremmo continuare ancora a lungo ma il lettore avrà di certo colto il punto: questo doppio sforzo della Brilliant vale la pena di essere ascoltato fino in fondo.

© Mariangela Vacatello